L’opera, realizzata da Giovanni Bellini nel 1475/1480 con la tecnica dell’olio su tavola è oggi conservata presso la Crick Collection di New York. L’opera appartiene al rinascimento veneto.
L’episodio raffigurato in questa rappresentazione è la ricezione delle stimmate da parte di San Francesco.
Nonostante l’episodio che vuole essere narrato attraverso quest’opera riguardi san Francesco, protagonista indiscussa della raffigurazione è la natura, la quale giganteggia in tutta la sua bellezza facendo sembrare il santo un piccolo particolare di un grande capolavoro naturalistico.
Di carattere roccioso è il paesaggio raffigurato dall’artista, molti sono gli arbusti, le piante, i fili d’erba che fuoriescono dalle fessure rocciose e proprio in corrispondenza di alcuni rami su un masso roccioso, nella parte inferiore sinistra del dipinto notiamo un cartiglio che sembra essere fissato alla roccia per il vento, su questo l’autore firma l’opera: “IOANNES BELLINVS”.
Sulla destra viene rappresentato uno studiolo caratteristico poiché composto da assi di legno e rami intrecciati fra loro.
Sul banco poggiano un teschio e un libro e ai piedi di questo sono raffigurati i calzari del santo.
Sulla sinistra il Bellini lascia proiettare lo sguardo dello spettatore su un profondo paesaggio, che si fa molto più dolce rispetto a quello in primo piano e dove possiamo notare la presenza di un asino, innocuamente al pascolo, di una gru e, più in profondità, di un pastore che porta avanti il gregge.
Dietro il pastore si presenta una cittadina fortificata, il cui sviluppo ha luogo su una dolce altura. Infine, in lontananza, sono visibili delle montagne che via via vanno confondendosi con le nuvole bianche e il colore del cielo. San Francesco è raffigurato sulla destra, in primo piano.
Non perfettamente di profilo, con le braccia divaricate, osserva serioso il cielo mentre viene investito da un raggio di luce proveniente da sinistra che determina ombre molto marcate, è questa luce trascendentale che fa avvenire il miracolo: non vi è più la raffigurazione della visione di San Francesco, (l’apparizione di Cristo sotto forma di serafino crocifisso) alla quale segue la ricezione delle stimmate da parte del Santo, il tutto viene riassunto dalla fonte luminosa che investe la figura di san Francesco.
Nonostante manchino gli elementi più classici propri dell’iconografia dell’episodio notiamo come l’artista introduca un elemento nella raffigurazione con il quale attesta un’interruzione di quella calma apparentemente imperturbabile, l’albero di alloro che si piega visibilmente da sinistra a destra come se ci fosse un forte vento.
L’unico personaggio ad accorgersene è proprio san Francesco che, rivolto in quella direzione, è consapevole di ciò che sta accadendo. Sui palmi distesi si possono notare le ferite miracolose che non vengono marcate particolarmente dall’artista.
(figura 1) dall’osservazione del particolare in figura si noti anche la presenza di quello che sembra essere un piccolo coniglio dal colore marrone rossastro che si mimetizza con i colori caldi che predominano la raffigurazione.
L’animale, del quale viene raffigurato solo il muso, sembra essersi accorto di del personaggio al quale rivolge il suo sguardo attento.
Per quanto riguarda le caratteristiche del periodo notiamo che l’opera è visibilmente rinascimentale, l’utilizzo della prospettiva è ormai applicato con grande rigorosità e attenzione, una luce razionale determina ombre proprie e portate il realismo e la fedeltà rappresentativa fedeltà rappresentativa sono unici, notiamo la ricercata attenzione per i dettagli visibile per esempio dall’attenta raffigurazione delle pieghe della veste del santo, la stessa presenza di animali conferisce realismo alla rappresentazione, questi non più di carattere orientaleggiante come nelle raffigurazioni gotiche caratterizzano ulteriormente e con veridicità il paesaggio raffigurato dall’artista.
Notiamo anche l’introduzione, nella raffigurazione della cittadina, di alcuni monumenti, probabilmente da lui osservati nella realtà, apprezzati, rivisitati e dipinti nell’opera.
Un elemento fondamentale che segna un punto di arrivo importante dell’arte rinascimentale si nota per l’assenza dell’aureola: non più circolare e piatta come nelle rappresentazioni trecentesche non si mostra nemmeno ellittica, come nelle raffigurazioni del primo quattrocento, ma è assente e la sua assenza è qualcosa di completamente nuovo.
Caratteristiche del Bellini invece sono innanzitutto il ruolo primario che riveste la natura nella rappresentazione, sebbene non sia dolce e sinuosa come nell’”Orazione nell’orto” celebre opera che l’artista dipinge nel 1465/1470.
La natura raffigurata in questa tavola è rocciosa, soprattutto per quanto riguarda lo scenario naturalistico che fa da sfondo al personaggio in primo piano, infatti sulla sinistra dove l’artista lascia scorgere in lontananza il proseguimento del paesaggio riconoscibili sono i tratti dolci e sinuosi dell’artista veneto che in quest’opera si dimostra capace di far regnare in maniera unica un’armonia nel paesaggio che viene mantenuta anche con la fusione dell’elemento naturalistico all’elemento urbano, notiamo infatti la presenza a sinistra di una cittadina fortificata posta su un’altura.
Tipica del Bellini anche la presenza, nelle sue opere, di rimandi simbolici, carattere forse appreso dal Mantegna.
Anche in questo caso infatti notiamo come l’artista introduca un parallelismo tra la figura di San Francesco e quella di Mosè:
- l’ambientazione reale dell’episodio dovrebbe presentare la figura del santo sul monte Verna, tuttavia è ambientata in un deserto roccioso rimando all’ambiente ove Mose ebbe la visione del cespuglio infuocato.
- lo stesso cespuglio infuocato, oggetto della visione di Mose, sembra essere ripreso dall’artista dall’albero di alloro che, più di tutti gli elementi naturalistici presenti nell’opera, riveste un ruolo fondamentale in quanto unico ad essere piegato dal vento e a catturare l’attenzione del Santo che si accorgerà della luce divina.
- lo scolo di acqua sulla sinistra è un altro simbolico rimando alla figura di Mosè e allude alla scoperta delle fontane miracolose che fece il profeta nel deserto.
Relativamente allo studio compositivo possiamo notare come quella che sembra essere una semplice e naturale raffigurazione sia realizzata attraverso un minuzioso studio dello schema prospettico che, in questo caso si basa su linee parallele e perpendicolari, (figura 2 )