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Realizzata nel 1462, la ‘Morte della Vergine’ è uno dei capolavori artistici creati da Andrea Mantegna con la tecnica della tempera e oro su tavola.

Oggi conservata a Madrid, presso il Museo del Prado, appartiene al periodo artistico rinascimentale.

La contestualizzazione scenica dell’opera colpisce immediatamente lo spettatore, si tratta di un interno, nello specifico di una sala della quale sono visibili i pilastri laterali e, inferiormente, un pavimento a scacchiera che in prospettiva guida lo sguardo dello spettatore fino al catafalco dove, distesa, poggia la vergine.

Questa è circondata dagli apostoli, che si ergono maestosamente in altezza e che vengono rappresentati con grande attenzione per i particolari.

La gestualità, l’espressività e i dettagli propri del volto di ciascuno li rendono unici.

Vengono raffigurati nell’atto di praticare la cerimonia funebre per la Vergine, alcuni di loro, sulla destra, reggono una candela e cantano, centralmente san Pietro legge le Sacre Scritture mentre, alla sua destra, un altro apostolo regge un vaso di unguenti.

Il più caratteristico tuttavia, sembra essere l’apostolo raffigurato di spalle che, allontanandosi dagli apostoli del gruppo di destra si sporge verso il catafalco della vergine, per spargere l’incenso con un incensiere.

Occupa una posizione centrale e contribuisce al coinvolgimento dello spettatore verso la figura della vergine.

L’altro elemento base che compare per la caratterizzazione della scena entro cui si svolge l’episodio sacro, oltre ai pilastri e alla pavimentazione, è una finestra di forma rettangolare che aumenta sensibilmente il senso di profondità di cui gode l’opera.

Questa offre una profonda veduta sulla città di Mantova, nello specifico sono riconoscibili il lago del Mincio e il ponte di San Giorgio.

L’opera è di evidente stile rinascimentale, l’utilizzo di una prospettiva scientifica viene attuato con grande manualità, la luce è di conseguenza razionale, non più diffusa, in questo caso proviene da destra e provoca ombre proprie e portate, basta osservare, per esempio, la figura dell’apostolo raffigurato di spalle per poter rendersi conto della cura con cui l’artista definisce la sua ombra sul pavimento.

Il pavimento stesso è indice di una grande maturazione artistica rispetto alle opere trecentesche: la ricerca di realismo viene realizzata attraverso una cura dettagliata dello sfondo e, in questo caso specifico, l’introduzione della finestra che offre la veduta su Mantova ne è l’esempio eclatante, anche la gestualità dei personaggi è molto curata e la realisticità viene conferita all’opera tramite piccolezze, basti vedere per esempio le posizioni dei piedi degli apostoli.

La stessa raffigurazione di questi ultimi mostra come la tipizzazione dei personaggi sia ormai un carattere completamente estraneo all’arte rinascimentale, come punto di arrivo di una modifica dei personaggi iniziata da Giotto, ogni apostolo infatti gode di attributi che lo distinguono dagli altri e non vi è più la presenza di un personaggio-tipo.

Da notare anche le aureole che, non più dorate e piatte come nelle rappresentazioni trecentesche, appaiono in questo caso scorciate e assumono sempre più la forma di dischi dorati.

Tipici del Mantegna sono la ricerca di dare prospettiva all’opera attraverso i personaggi, la monumentalità e la statuarietà degli apostoli sono inconfondibilmente frutto della mano dell’artista fiorentino, attentissima è la resa del panneggio che nonostante sia molto pesante non impedisce di notare l’attenta raffigurazione anatomica dei corpi delle figure.

L’artista cura ogni singolo personaggio ed ogni dettaglio, notiamo per esempio come il candelabro investa perfettamente l’apostolo sulla sinistra, ma nonostante questo, vengano perfettamente mantenute le proporzioni del viso e come sia stato capace di conferirgli espressività seppure in assenza della raffigurazione del suo sguardo ed è perfettamente rifinito, al pari di tutti gli altri. (figura 1).

Anche la raffigurazione del cielo è un elemento che rende propria dell’artista padovano questa raffigurazione infatti è caratterizzato dalla presenza di colori freddi che il Mantegna predilige nelle sue opere d’arte nonostante si discostino dai colori tonali, tipici della pittura veneta, introdotti dal Bellini.

Effettivamente il cielo visibile attraverso la finestra ricorda moltissimo quello raffigurato dall’artista nell’ “Orazione nell’Orto”, le stesse nuvole sono realizzate con uno stile analogo (figura 2)

Per quanto riguarda lo studio compositivo, lo spazio nell’opera viene curato con grande attenzione. La tavola di sviluppo verticale potrebbe essere suddivisa in due parti, una superiore e una inferiore. La parte inferiore è dominata dalla linea orizzontale, sottolineata dalla pavimentazione, dal catafalco e dal corpo della vergine (figura 3).

A questa forte orizzontalità si contrappone la verticalità che domina la parte superiore della rappresentazione, in questo caso conferita dalle figure degli apostoli, dai due candelabri e dai pilastri laterali. Inoltre il gruppo di apostoli è tripartito, in due gruppi laterali sottolineati dai pilastri e in uno centrale di tre apostoli, delimitati dai due candelabri e sottolineati dalla finestra alle loro spalle.

CONFRONTO: LA MORTE DELLA VERGINE di MANTEGNA, con IL CRISTO MORTO di Giotto

AFFINITA’

Entrambe le opere presentano il tema della morte, sebbene l’opera del Mantegna raffiguri la morte della Vergine mentre quella di Giotto raffiguri la morte di Cristo.

In entrambe le raffigurazioni sono rappresentati gli apostoli, straziati dal dolore per la morte appena verificatasi.

In entrambe le opere compaiono dei personaggi di spalle, anche se visibilmente diversa è la sera di questi da parte degli artisti.

Un altro elemento che si presenta in entrambe le opere è il panneggio, anche se nonostante sembri essere molto più marcato nell’opera del Mantegna questo non appesantisce i corpi dei personaggi ma, al contrario, li scolpisce dal punto di vista anatomico il panneggio giottesco anche se meno marcato non valorizza l’anatomia dei corpi, ma si concretizza in una ricerca di volumetria

DIFFERENZE

Moltissimi gli elementi che distinguono queste due opere, a partire dalle caratteristiche più tecniche, come la tecnica di realizzazione, che è una tempera oro su tavola nell’opera del Mantegna, mentre è un affresco nell’opera giottesca.

Differenti sono anche i luoghi di conservazione delle due opere, l’opera del Mantegna è oggi conservata presso il Museo del Prado di Madrid, mentre l’opera giottesca è ancora collocata nella sua ubicazione originaria, la cappella degli Scrovegni a Padova.

Altra differenza determinante è la data di realizzazione dell’opera, datata 1462 è l’opera dell’artista padovano, mentre realizzato nel 1303-1305 è l’affresco giottesco. Le due datazioni determinano l’appartenenza di queste due opere a due differenti correnti artistiche rispettivamente quella Rinascimentale e quella Gotica.

Partendo dall’ambientazione notiamo come le due opere siano contestualizzate in due scene molto diverse, l’opera del Mantegna ha luogo in un interno, l’opera giottesca è invece ambientata all’esterno.

È evidente inoltre la differenza nella decorazione scenica, se il Mantegna si dimostra capace di realizzare uno scorcio della città di Mantova che la rende tuttora riconoscibile per due elementi caratteristici della città, Giotto introduce un unico elemento per contestualizzare il rialzo roccioso, un albero spoglio.

Inoltre l’artista fiorentino raffigura nella parte superiore dell’affresco, con espressioni di dolore strazianti, dieci angeli, personaggi del tutto assenti nell’opera del Mantegna.

Dall’osservazione scenica un’altra cosa risulta evidente: Giotto ricerca il realismo, è il promotore di questa ricerca e sarà l’artista che determinerà la nascita dell’arte moderna, ma il Mantegna a distanza di tempo riesce a concretizzare il realismo nella sua opera, grazie alla conoscenza delle regole della prospettiva scientifica, evidente per esempio dall’osservazione del pavimento, come anche dei pilastri, piuttosto che dal paesaggio visibile dalla finestra.

L’artista fiorentino invece, anche se notevolmente avanti rispetto al periodo artistico di appartenenza, proiettato già verso l’arte moderna non è in grado di raffigurare fedelmente la realtà per queste mancate conoscenze scientifiche.

Tuttavia ricerca il realismo, distaccandosi dagli sfondi dorati e cercando di essere il più fedele possibile alla realtà, la stessa roccia che compare nel dipinto viene realizzata con quella che gli studiosi hanno denominato ‘prospettiva intuitiva’.

Molto diversa è anche la gestione degli spazi fatta dagli artisti, Giotto riempie lo spazio con molta continuità, introducendo i personaggi in un gruppo che ricorda una folla, localizzato in un unico punto dell’opera. Il Mantegna crea invece più gioco lasciando dei pieni e dei vuoti.

Anche il modo in cui hanno introdotto i personaggi nello spazio, è molto diverso si noti come i personaggi del Mantegna sembrino incarnare, per la posizione in cui sono disposti, un elemento prospettico che guida, insieme al pavimento, lo sguardo sul catafalco della vergine.

Giotto invece concentra l’attenzione dello spettatore sul Cristo morto mediante l’espediente della roccia la quale sembra essere una diagonale che indica proprio l’elemento su cui è necessario focalizzare la propria attenzione.

Nell’opera di Giotto i personaggi sono invece più legati tra di loro e si mostrano riconoscibili più come ‘gruppi’ che come singoli, sebbene sia il primo artista a distaccarsi dalla loro tipizzazione propria dell’arte gotica bizantineggiante.

I personaggi comuni alle due rappresentazioni sono gli apostoli, ma vengono raffigurati in maniera molto differente dai due artisti, le pose sono molto più naturali nell’opera del Mantegna, molta più attenzione viene riservata ai particolari, come anche alla gestualità.

Nell’opera giottesca invece vengono curati principalmente i dettagli espressivi, ma di alcuni personaggi più che di altri, non viene fatta una realizzazione dettagliata di ognuno di loro, si noti per esempio l’attenzione che l’artista fiorentino riserva per la raffigurazione di San Giovanni che, dispiegando le braccia all’indietro, incarna il dolore per la morte del Cristo.

È la figura che Giotto riesce a raffigurare meglio dal punto di vista espressivo, tuttavia non si può dire lo stesso del gruppo di donne sulla sinistra, i cui visi sono molto meno particolareggiati e si confondono in quella serie di cappucci.

Notiamo inoltre dei personaggi posti completamente di spalle, seduti, sulla sinistra dell’opera, confrontandoli con il personaggio di spalle che viene raffigurato dal Mantegna notiamo come le rappresentazioni siano molto diverse, i personaggi giotteschi sembrano più delle statue, statiche, marmoree, mentre il personaggio di Mantegna risulta essere molto più dinamico e realistico, molto più capace inoltre di coinvolgere lo spettatore nella scena.