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Dati tecnici:

Realizzata intorno al 1435, l’ “Annunciazione Cavalcanti” è una delle più celebri opere donatelliane , tuttora collocata nella sua ubicazione originaria: la navata destra della Basilica di Santa Croce, a Firenze.

Il materiale scelto per la realizzazione dell’opera è la pietra serena, in questo caso dorata e, in parte, policromata.

La tecnica di realizzazione è l’altorilievo per i due personaggi principali, mentre viene utilizzato il bassorilievo per le decorazioni di sfondo.

Descrizione dell’opera:

La scena principale dell’opera è un’Annunciazione, questo momento sacro viene inserito dall’artista all’interno di un’edicola di tipico stampo rinascimentale rifinita in ogni minimo particolare: si compone di un basamento, sorretto da due mensole con lo stemma Cavalcanti e da una ghirlanda alata al centro.

Sopra il basamento poggiano due pilastri, decorati con molta originalità, dai quali emergono le abilità scultoree dell’artista fiorentino. Ciascun pilastro si compone di tre parti: base, fusto e capitello. A ciascuna componente corrisponde una specifica decorazione, volute a zampe leonine sulle basi, foglioline disposte a squama sul fusto e capitelli con mascheroni sugli angoli.

Sui due pilastri poggia una trabeazione composta da più cornici e mondanature con diverse decorazioni dorate, dentelli, foglioline, ovuli e rosette. Sulla trabeazione poggia una cimasa semicircolare avente due rosette a lato a mo di volute, centralmente è collocato un rosone scanalato, mentre nei pennacchi vi sono rilievi di ghirlande e rosette

Sopra la cimasa si trovano sei caratteristici putti alati che, realizzati in terracotta, presentano tracce di policromia. Alle estremità destra e sinistra è collocata una coppia di putti abbracciati,raffigurati frontalmente mentre la coppia di putti posta centralmente risulta presentare due angeli sdraiati, raffigurati di profilo, mentre si guardano negli occhi.

L’edicola che, fungendo da cornice, dovrebbe avere una funzione secondaria nell’opera, viene realizzata con una cura tale da permetterle di rivestire un ruolo attivo nella rappresentazione, racchiudendo armoniosamente la scena principale, sulla quale dovrà concentrarsi lo sguardo dello spettatore.

L’episodio dell’Annunciazione vede come protagonisti l’angelo che inginocchiato è collocato sulla sinistra e la vergine posta sulla destra, stante. I protagonisti primeggiano su uno sfondo minuziosamente decorato da cornici e girali che ricordano il gusto ellenico.

Lo sfondo donatelliano è, in questa rappresentazione, piatto così da evitare complesse architetture illusionistiche tipiche di questa rappresentazione, tuttavia risulta essere molto elaborato per via delle complesse decorazioni sullo sfondo che non disturbano pero la semplicità e la purezza della scena principale.

Ricco di pathos è lo sguardo dei due protagonisti, che interloquiscono un tacito dialogo, particolareggiato dall’artista attraverso la cura della gestualità dei due protagonisti.

L’angelo è inginocchiato e sembra cercare dolcemente lo sguardo della vergine, con una timida torsione del volto.

Le braccia sono incrociate e le ali ancora spiegate, attenta e rigorosa è la rappresentazione del panneggio della veste che conferisce volumetria al personaggio. Assente è tuttavia un attributo proprio dell’iconografia del personaggio, il giglio, simbolo di purezza o il ramoscello di ulivo che compare, per esempio, nell’antecedente annunciazione di Simone Martini, del 1333 o anche nell’Annunciazione di Lorenzetti, del 1344 ed è prova evidente del distaccamento da parte di Donatello dagli ideali di bottega seguiti in quegli anni.

Stante davanti all’angelo è la figura della vergine,la quale stringendo nella mano un libro, allusione simbolica al compimento delle sacre scritture, primeggia sullo sfondo di uno schienale a forma di lira.

La reazione viene resa particolarmente realistica dall’artista , che esplicita la reazione di sorpresa della vergine attraverso la sua gestualità, ella infatti porta una mano sul petto mentre è in procinto di ritrarsi, come suggerito dalla posizione del corpo e dal panneggio della veste che cade verso sinistra.

Nonostante questo istinto di ritrarsi da parte della vergine il suo sguardo è rivolto all’angelo, uno sguardo che raccoglie sorpresa, umiltà e gratitudine e sembra immobilizzare la Vergine in questo eterno dialogo.

Caratteristiche del periodo:

L’opera appartiene all’arte rinascimentale un elemento che lo suggerisce è la ripresa dello stile classico, quello ellenico, riscontrabile nelle decorazioni che fanno da sfondo e nell’edicola stessa che funge da cornice della scena principale, lo stile romano viene invece ricordato dalla figura di Maria che segue gli ideali anatomici della scultura greco-romana.

Nonostante nell’opera primeggi l’oro che è un elemento proprio dell’arte gotica trecentesca, una maturità artistica indice di una maggiore conoscenza tecnica è la presenza di una luce razionale, che compare nelle opere d’arte quattrocentesche successivamente alla scoperta della prospettiva scientifica e che in questa rappresentazione è evidente se si osserva il capo della vergine e/o la figura dell’angelo.

Tipicamente rinascimentale anche il materiale scelto per la realizzazione dell’opera, la pietra serena.

Caratteristiche dell’artista:

La mano dell’artista fiorentino è, in quest’opera, evidente per la realismo conferito ai due protagonisti che presentano un’espressività unica, capace di coinvolgere emotivamente lo spettatore.

Univocamente attribuibile a Donatello è il pathos di cui l’artista ci rende partecipi, paragonabile a quello del suo altro capolavoro artistico, che realizzerà nel 1455/1456, ‘la Maddalena’.

Anche nel realizzare una scena cosi classica, Donatello risulta capace di non sottostare ai tipici canoni e ideali di bottega, diversamente da quanto previsto dall’iconografia dell’episodio non compare in questa realizzazione lo Spirito Santo solitamente rappresentato simbolicamente dalla colomba bianca, ne il ramoscello di ulivo simbolo di purezza.

Classico tocco dell’artista sono senz’altro i putti alati che compaiono ricorrenti nelle sue realizzazioni artistiche e che in questo caso conferiscono ulteriore realismo all’opera, quelli posti lateralmente infatti, nell’atto di abbracciarsi sembrano sorreggersi a vicenda, come se avessero paura di cadere vista la notevole altezza. Anche i capitelli suggeriscono che l’opera sia stata fatta dal celebre artista fiorentino: non rientrano infatti in nessuno degli ordini dell’arte classica.

Studio compositivo:

Relativamente allo studio compositivo si puo notare che il volto dell’angelo e quello della vergine sono perfettamente allineati in una diagonale che divide l’opera in due parti. A marcare la distanza e il vuoto che intercorre tra i due sono il rosone della cimasa e il tondo del basamento che creano un’ipotetica retta che divide a metà l’opera.(figura 3)

CONFRONTO: ANNUNCIAZIONE CAVALCANTI DI DONATELLO CON L’ANNUNCIAZIONE DI SIMONE MARTINI.

Affinità

Le due opere raffigurano lo stesso episodio dei Vangeli, l’Annunciazione.

In entrambe le opere vi è una predominanza di oro sullo sfondo, ma deriva da due lavorazioni diverse, nell’opera del Martini l’oro è realizzato con la tecnica della foglia d’oro, una lavorazione ancora legata all’influsso bizantineggiante nell’arte gotica trecentesca; l’oro di sfondo visibile nella scultura donatelliana invece deriva da una lavorazione della pietra serena che, in parte policromata, è anche dorata.

Una singolare attenzione viene dedicata in entrambe le opere allo sguardo tra i due personaggi che vuole incarnare un profondo dialogo tra i due protagonisti e analoga risulta essere anche la posizione dell’angelo che, inginocchiato, con le ali ancora spiegate rivolge un timido sguardo alla vergine.

Lo stesso atteggiamento della vergine costituisce un’affinità tra i due capolavori artistici, in entrambe le opere infatti sembra ritrarsi, sorpresa. L’atteggiamento è lo stesso, nonostante le posizioni risultino diverse, èinfatti raffigurata stante in piedi dallo scultore fiorentino, mentre seduta in trono dal pittore senese.

Presenza importante dal punto di vista simbolico è, in entrambe le opere, il libro che tiene la vergine e che allude alle sacre scritture.

Differenze

Differenti sono innanzitutto gli artisti che hanno realizzato le due opere, Simone Martini realizza l’Annunciazione oggi conservata agli Uffizi, mentre Donatello realizza l’Annunciazione Cavalcanti.

Una differenza sostanziale è costituita dal periodo artistico di appartenenza delle due realizzazioni, realizzata nel 1333, l’Annunciazione di Martini appartiene all’arte gotica bizantineggiante, realizzata invece nel 1435 l’Annunciazione di Donatello appartiene all’arte Rinascimentale.

Differente è anche l’ubicazione dei due capolavori, l’Annunciazione di Martini è oggi conservata a Firenze, nella Galleria degli Uffizi, mentre tuttora collocata nella sua collocazione originaria è l’annunciazione di Donatello, sempre a Firenze, ma nella navata destra della basilica di santa croce.

Le due Annunciazioni sono inoltre il risultato di due tecniche di realizzazione diverse, tempera e oro su tavola è la tecnica di realizzazione utilizzata dal martini, mentre Donatello, realizzando una scultura, adopera l’altorilievo per i personaggi principali e il bassorilievo per le decorazioni di sfondo.

Mentre l’annunciazione dell’artista fiorentino ha sviluppo verticale e presenta solamente l’angelo e la vergine, l’annunciazione di simone martini che è un polittico di sviluppo orizzontale presenta, nelle pale laterali, altri due personaggi, uno all’estrema destra (e due all’estrema sinistra.

Le due Annunciazioni raffigurano due momenti temporali diversi: Simone martini rappresenta fedelmente l’angelo appena atterrato, come notabile dalla dinamicità della rappresentazione delle ali, mentre donatello raffigura nella sua opera il periodo conseguente all’Annunciazione.

I due artisti, vivono in secoli differenti, dunque le loro opere presentano delle differenze sostanziale dettate dal periodo artistico al quale appartengono, arte gotica trecentesca la pala del martini e rinascimentale la scultura donatelliana, ma oltre a queste differenze ve ne sono altre dettate dal fatto che i due artisti hanno alle spalle gli insegnamenti di due scuole artistiche molto diverse, quella senese per il Martini e quella fiorentina per Donatello, ed è per questo che nel martini possiamo identificare una linea molto sinuosa, dolce, visi e nasi allungati propri dell’antenato Duccio e che invece non sono invece stati caratteristici della scuola fiorentina e che non si presentano nell’opera di Donatello che, ormai coerentemente all’arte rinascimentale, ricerca molto più realismo.

Notiamo inoltre come il Martini risulti essere molto più fedele agli ideali di bottega, sono infatti presenti sia il giglio che il rametto di ulivo e centralmente è collocata inoltre una colomba bianca, attorniata da angeli cherubini, simbolo dello spirito santo, tutti questi tre elementi simbolici sono assenti nell’Annunciazione Cavalcanti, che viene raffigurata da Donatello con una chiave di lettura innovativa che non sottostà ai canoni del tempo.

Evidentemente bidimensionale è l’opera del Martini, come si può notare se si osserva la ‘verticalità’ del pavimento. Viene realizzata infatti nel 1300, quando ancora non vi erano conoscenze inerenti alla prospettiva scientifica, come deducibile dalla presenza di aureole ancora dorate e piatte e dall’assenza di una luce razionale, primeggia ancora una luce diffusa su uno sfondo dorato.

Al contrario donatello, a conoscenza di queste regole introduce nella scultura la luce razionale raffigurando ombre portate e proprie.