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Realizzata nel 1503 da Raffaello Sanzio, la Pala Colonna è un olio su tavola oggi conservato, nei suoi pannelli principali, presso il Metropolitan Museum di New York.

L’opera realizzata dall’artista appena diciassettenne è una delle più significative tavole del pieno rinascimento italiano.

A commissionare la pala d’altare al giovane artista furono le monache di Sant’Antonio le quali, stando alle testimonianze del Vasari, richiesero che Gesù bambino fosse raffigurato interamente vestito.

La porzione centrale è delimitata da due paraste, di ordine pseudo corinzio, personalizzato dall’artista, terminanti in putti alati.

Queste sorreggono una trabeazione, sulla quale si imposta la cimasa con la raffigurazione dell’Eterno tra due angeli. Soggetto della pala centrale è invece una maestà.

Centro assoluto della raffigurazione risulta la figura della vergine, la quale è sottolineata dal drappo in broccato che riveste il trono, ingentilendolo.

Il trono, molto maestoso è introdotto da tre scalini, superiormente ricorda la fisionomia di un baldacchino e viene ingentilito dal drappo in broccato che verrà ripreso anche da Giorgione, nella pala di Castelfranco (figura 1), lateralmente due braccioli in colorazione marmorea fungono da appoggio per le braccia della vergine e, a livello architettonico verranno ampiamente ripresi da Michelangelo Buonarroti.

La figura femminile è cinta da un mantello di colorazione blu notte, che lascia intravedere una veste rossa sul petto. Il suo capo è inclinato, rivolgendo uno sguardo dolcissimo e profondo a San Giovannino.

San Giovannino è raffigurato stante, di profilo, con una veste rossa, le mani sono giunte all’altezza del petto mentre si protende verso il Bambino che, in atto benedicente, gli rivolge uno sguardo con il quale viene instaurato un eterno e tacito dialogo .

Ad attorniare questi tre personaggi protagonisti vi sono quattro santi.

In primo piano vengono raffigurati dall’artista i due pilastri della Chiesa cattolica: San Pietro, sulla sinistra, che viene raffigurato frontalmente allo spettatore, avvolto da un manto di colorazione giallo ocra e facilmente riconoscibile per l’adesione all’iconografia classica del personaggio (si riconosce infatti dalla presenza della chiavi del regno dei cieli che pendono dalla sua mano sinistra, legate e rette da un filo nero del quale si distingue il grazioso fiocco centrale per il libro delle Sacre Scritture che regge lateralmente verso destra.)

Nell’estremità di destra in primo piano viene raffigurato invece San Paolo, questi, a differenza di san Pietro, è presentato di tre quarti con un’ampia veste rossa.

Anch’egli rispecchia i canoni tradizionali dell’iconografia essendo infatti presentato con la caratteristica spada che, in questo caso, impugna nella mano destra.

In secondo piano invece vengono presentate due figure femminili: Santa Caterina d’ Alessandria raffigurata sulla sinistra, alle spalle di san Pietro, appare di profilo con i capelli raccolti e si riconosce poichè, anche in questo caso, l’artista aderisce all’iconografia classica raffigurando ai piedi del personaggio la ruota dentata, simbolo chiave della santa, sulla quale ella poggia delicatamente la mano destra.

Alle spalle di san Paolo invece viene presentata la figura di Santa Margherita d’Antiochia, la protettrice delle partorienti, riconoscibile per la presenza della corona di fiori che le incornicia il volto, simbolo di purezza e allusione alla verginità della santa e per la palma del martirio, la figura femminile viene presentata frontalmente allo spettatore con uno sguardo assorto (la figura femminile potrebbe anche essere la raffigurazione di santa Cecilia).

Se nella porzione centrale i tre personaggi protagonisti sono sottolineati dal massiccio trono, i quattro santi invece sono accompagnati da un dolcissimo paesaggio di carattere naturalistico che si dimostra capace di conferire profondità all’intera opera grazie alla presentazione di una prospettiva aerea mutuata da Leonardo.

CIMASA

Nella lunetta superiore vi è la raffigurazione dell’eterno tra due angeli, in questo caso i soggetti si stagliano su di uno sfondo di colorazione celeste, centralmente giganteggia la figura dell’Eterno, stante, in atto benedicente e con una mano che regge il globo. a circondarlo sono quattro angeli, di cui due serafini.

Di dimensioni maggiori e ritratti di profilo risultano essere i due angeli all’estremità di destra e di sinistra della lunetta, l’angelo di sinistra rivolge lo sguardo allo spettatore e ha le mani giunte in preghiera, mentre l’angelo all’estrema destra è ritratto perfettamente di profilo con le braccia incrociate sul petto, le due figure angeliche presentano una fisionomia dolcissima che rimanda molto allo stile del maestro, il Perugino.

Affianco al capo dell’Eterno sono collocati due serafini che impostano un gioco di sguardi, quello sulla sinistra guarda la figura protagonista dell’Eterno, mentre quello di destra rivolge il suo sguardo verso il basso, guidando lo spettatore a focalizzarsi sul globo sottostante.

PREDELLA

Originariamente la predella si componeva di tre scomparti, all’interno dei quali da sinistra a destra vi erano le seguenti raffigurazioni:

  • Orazione nell’orto, 24×28 cm, New York, Metropolitan Museum of Art
  • Pietà, 24×28 cm, Boston, Isabella Stewart Gardner Museum
  • Andata al Calvario, 23×85 cm, Londra, National Gallery

Inoltre nelle porzioni laterali di sinistra e destra vi è la figurazione a tutta figura di due santi, uno all’estremità di destra, l’altro all’estremità di sinistra, si tratta di san Francesco d’Assisi e di Sant’Antonio da Padova entrambi conservati a Dulwich, presso la Dulwich Picture Gallery.

Una ricostruzione della fisionomia originale della predella è visibile nella figura 1.

Figura 1: ricostruzione predella

L’opera viene realizzata da Raffaello, del quale si riconoscono delle caratteristiche specifiche. In particolar modo il giovane artista manifesta alcuni caratteri mutuati dal maestro, Pietro Perugino.

Tra questi si riconoscono per eccellenza la dolcezza della linea e dei volti, soprattutto di quelli femminili, le gote sono leggermente arrossate e i tratti appaiono dolci ed eleganti, i capelli sono tipicamente raccolti e, nella santa collocata sulla destra vengono raccolti lateralmente come tipico della filosofia artistica del Perugino. Mutuata sempre dal maestro è la scelta di introdurre una sfumatura cromatica in corrispondenza del cielo che, avvicinandosi all’orizzonte, diventa progressivamente di colorazione bianca.

Per quanto riguarda lo stile del Raffaello egli propone personaggi più monumentali rispetto a quelli del maestro, ed in particolare, rappresentandoli assorti, immobili e quasi estraniati dalla scena sembra riprendere il linguaggio pittorico di Piero della Francesca, artista del primo rinascimento italiano.

Inoltre l’artista è solito nelle sue presentazioni artistiche proporre, nelle porzioni laterali dell’opera, che corrispondono agli spazi vuoti lasciati liberi dalle architetture dipinte solitamente presenti nelle sue rappresentazioni, degli sprazzi di cielo con paesaggi collinari dalle linee molto dolci nei quali propone, cercando di emularla, la prospettiva aerea leonardesca, questo specifico carattere è visibile anche in quest’opera.

Nella dolcezza della linea lo stile raffaellesco ricorda molto la tradizione pittorica veneta, la dolcezza della natura con curve dolcissime sembra di essere di stampo belliniano.

La stessa passione per le architetture dipinte viene qui manifestata nella rappresentazione del trono che presenta tratti monumentali paragonabili a quelli di edifici architettonici.

La pesantezza che avrebbe rischiato di apportare alla scena viene pero immediatamente smorzata dall’artisce che ingentilisce il trono mediante l’aggiunta di un drappo.

Questa scelta stilistica verrà ripresa, nella pala di Castelfranco, da Giorgione. (figura 2)

Figura 2: pala di Castelfranco, particolare trono

Relativamente alla corrente artistica di appartenenza, del pieno rinascimento italiano, sono molti gli elementi riconoscibili, a partire dalla fedeltà al vero, dalla cura del particolare, dall’utilizzo di una prospettiva scientifica alle cui regole l’artista aderisce fedelmente, come perfettamente visibile dall’osservazione dei tre scalini che introducono al trono, così facendo definisce attentamente i volumi e le forme. La stessa luce è razionale, producendo così ombre proprie e portate all’interno della scena. Rispetto ai personaggi ormai la tipizzazione di carattere gotico è definitivamente superata e Raffaello conferisce ad ognuno una propria personalità e caratteristica addensando i giochi di sguardi. La figura della Vergine non è sottolineata mediante artifici formali (quali le maggiori dimensioni rispetto agli altri personaggi, come tipico del periodo gotico) ma al contrario è sottolineata dal trono che sembra quasi essere un’architettura.

Relativamente allo studio compositivo si nota la presenza di un asse centrale, in corrispondenza della figura della Vergine e mantenuto anche nella cimasa, andando a coincidere con la figura dell’Eterno.

Relativamente alla disposizione dei personaggi i santi sono disposti ad incrocio, quelli sulla stessa diagonale sono infatti ritratti in posizioni analoghe: i due santi sulla diagonale che va da in basso a sinistra a in alto a destra sono ritratti frontali allo spettatore, mentre i due localizzati sulla diagonale che va da in basso a destra a in alto a sinistri sono raffigurati di profilo.

Nell’intersezione delle due rette che congiungono i santi è localizzato il Bambino. (figura 3)

Figura 3: dettaglio studio compositivo

CONFRONTO TRA LA PALA DI CASTELFRANCO DI GIORGIONE E LA PALA COLONNA DI RAFFAELLO

Affinità

Entrambe le opere, essendo state realizzate nel 1503, appartengono alla corrente artistica del pieno rinascimento italiano e comune alle due pale risulta essere il soggetto rappresentato: una Maestà.

Le due opere, di sviluppo marcatamente verticale, presentano al fruitore una significativa espressione della trattazione di questo soggetto secondo i canoni rinascimentali.

Le due opere vedono la presenza della Vergine seduta in trono, tenente in braccio il bambino.

A popolare la scena, affiancando la figura femminile della Vergine sono in entrambe le opere le figure di alcuni santi.

Tuttavia questi sono solamente due nell’opera del pittore veneto (san Giorgio e san Francesco) mentre risultano essere il doppio nella pala di Raffaello (san Pietro, san Paolo, santa Caterina di Alessandria e santa Margherita di Antiochia/ santa Cecilia.)

In entrambe le opere è visibile sullo sfondo un paesaggio di carattere naturalistico nel quale vi è un accenno di prospettiva aerea coniata, nello stesso periodo, da Leonardo da Vinci.

Comune alle due opere, essendo entrambe portavoce del linguaggio artistico del pieno rinascimento italiano è l’accurata adesione alle regole prospettiche, l’introduzione di una luce di matrice razionale, con ombre proprie e portate, il realismo, l’attenta fedeltà al vero, la cura nella fisionomia dei volti dei personaggi.

Molto importante appare essere la comune tendenza dei due artisti di raffigurare a livello pittorico una linea molto morbida e una profonda eleganza soprattutto nelle figure femminili, questo è determinato da due fattori diversi, nel caso di Giorgione l’eleganza dei volti femminili, la linea sinuosa e l’atmosfera armoniosa è erede di una tradizione pittorica che è quella della scuola veneta in senso lato.

Nel caso di Raffaello invece questi stilemi artistici derivano dagli insegnamenti del maestro, Pietro Perugino.

Un altro carattere molto simile nello stile dei due artisti appare essere la tendenza a presentare con curata solennità le figure dei personaggi nella scena, una solennità e una monumentalità che, rendendoli come estraniati dalla scena, in una immobilità eterna ricorda moltissimo lo stile di Piero della Francesca, artista del primo rinascimento italiano. (questo carattere si ritrova soprattutto nella figurazione dei santi che circondano la figura centrale della vergine).

Tutte e due le rappresentazioni pittoriche trasmettono una sensazione di silenzio e di pace. Entrambi gli artisti, come tipico nelle opere raffiguranti delle maestà introducono a livello compositivo la presenza di alcune triangolazioni, nell’opera di Giorgione la triangolazione è formata dalla figura della vergine e dei due santi.

Analoga è una triangolazione nella pala di raffaello, ma oltre a quella formata dalla Vergine e dai due santi nella pala centrale se ne riconosce una nella cimasa tra l’Eterno e i due angeli e infine un’ultima unificatrice della cimasa e della pala centrale tra l’eterno, san Pietro e san Paolo.

Differenze

Nonostante le due opere presentino molti caratteri peculiari ve ne sono diversi che le distinguono.

Innanzitutto è possibile affermare che a livello tecnico le due opere sono state realizzate con tecniche differenti: quella di Giorgione è realizzata con la tecnica della tempera su tavola, mentre quella di Raffaello è un olio su tavola.

Inoltre le due opere sono oggi ubicate in luoghi diversi, la pala di Raffaello si trova presso il Metropolitan Museum di New York, mentre quella di Giorgione è ubicata, come evincibile dalla titolazione dell’opera, nella sua collocazione originaria, cioè il Duomo di Castelfranco veneto.

L’opera veneta venne commissionata all’artista dalla famiglia Costanzo, destinata alla loro cappella entro il Duomo di Castelfranco, mentre da un ente religioso, le monache di sant’Antonio, fu commissionata la pala a Raffaello.

Relativamente allo sviluppo dell’opera è possibile affermare che, nonostante in entrambe le opere il trono sia particolarmente monumentale e definito al punto di sembrare quasi un’architettura dipinta, in quella di Raffaello esso possiede una dimensione più totalizzante.

Il trono dell’artista urbinate infatti, che ricorda quasi la conformazione di un baldacchino per via del pomposo tendaggio, occupa quasi interamente in larghezza la pala e, in questo modo, la porzione destinata alla connotazione paesaggistica diminuisce fortemente.

Al contrario, nonostante la monumentalità del trono proposto, Giorgione, mantenendosi fedele alla tradizione veneta lascia ampio spazio alla connotazione paesaggistica e, attribuendole un ruolo di protagonismo alla natura richiama moltissimo l’arte belliniana.

Inoltre la gestione dello spazio appare molto diversa per un’altra caratteristica: Giorgione, emulando una scelta stilistica già utilizzata da Leonardo in una delle sue opere giovanili -l’Annunciazione degli Uffizi-, crea un gioco di spazi facendo sì che la scena proposta in primo piano sembri svolersi entro un cortile interno del quale mostra la pavimentazione a scacchiera.

Questo spazio in primo piano è distaccato da quello che è invece il paesaggio sullo sfondo il quale viene introdotto solo dopo una parete divisoria in velluto rosso.

Tramite questo espediente l’artista ha la possibilità di definire ampiamente la connotazione paesaggistica dello sfondo mentre Raffaello, non desiderando fare assumere alla natura un ruolo di così grande importanza, la limita alle due estremità laterali lasciate libere dal trono della vergine. Inoltre Raffaello propone a livello pittorico la figurazione di San Giovannino, assente nell’opera di Giorgione.

Rispetto allo studio compositivo è possibile affermare che Raffaello si soffermi principalmente sulla presentazioni di molteplici triangolazioni, mentre Giorgione alla triangolazione aggiunge la scelta di collocare obliquamente lo stendardo sorretto da san Giorgio così da rendere ben visbile il paesaggio di sfondo, lasciandone visualizzare la costruzione in pietra.

L’importanza del paesaggio in Giorgione è anche evidenziata dalla scelta da parte dell’artista di ntrodurre, alcune figure sullo sfondo così da renderlo più realistico e verosimile. Infine per quanto riguarda la pala di Raffaello questa si compon di una fisionomia più articolata: innanzitutto presenta tuttora la predella, entro la quale però non si trovano più i tre dipinti originali, la pala centrale è delimitata da due paraste trabeate e, entro l’arco a tutto sesto, la cimasa mostra la figurazione dell’eterno con due angeli.

BIBLIOGRAFIA/SITOGRAFIA

  • Pierluigi De Vecchi, Raffaello, Rizzoli, Milano 1975.
  • Paolo Franzese, Raffaello, Mondadori Arte, Milano 2008.
  • www.arte-argomenti.org/saggi/interventi/raffaello.htm