Dati tecnici:
Il Genio della Vittoria è un’opera scultorea in marmo realizzata da Michelangelo intorno al 1532-1534.
L’opera rientra nella corrente artistica del pieno rinascimento italiano e originariamente sarebbe dovuta entrare a far parte del progetto della tomba di Giulio II.
Il gruppo scultoreo tuttavia non fece parte della revisione ultima del progetto e, per questo, fu donata dal nipote Leonardo Buonarroti al duca Cosimo de’ Medici, dopo l’opposizione del Vasari all’iniziale idea del giovane di collocarla sulla tomba dello zio.
Fu lo stesso Cosimo de Medici a collocare la statua entro il Salone dei Cinquecento, presso il Palazzo Vecchio, dove è tuttora ubicata l’opera.
Descrizione opera:
Essendo un’opera di carattere allegorico l’artista non scolpisce il cruento istante della lotta, ma al contrario si propone di presentare al fruitore lo stato del vincitore, che domina lo sconfitto tenendolo sottomesso con agilità.
Il giovane, in posizione di contrapposto, blocca l’avversario con la gamba manifestando così la sua vittoria. Il vincitore, nudo, è scolpito in un movimento torsionale con un’anatomia molto vigorosa, lasciata perfettamente visualizzare dall’artista, il quale sceglie di non nascondere il corpo del giovane con alcun panno, il mantello riccamente panneggiato che l’uomo cinge con la mano sinistra infatti non copre il corpo del giovane ma gli ricade dolcemente affianco, arricchendo il senso di volumetria e spazialità.
Lo sguardo del ragazzo è inclinato verso il basso e il suo capo è cinto da una corona di foglie di quercia, stemma Della Rovere. Nella porzione inferiore del gruppo marmoreo è facile riconoscere lo sconfitto che, legato e incatenato, è gravato dal peso della gamba del giovane che trionfalmente mostra la sua vittoria.
L’anziano sconfitto sembra essere come un piedistallo per il giovane che, quasi utilizzandolo come punto di appoggio, si slancia trionfalmente verso il fruitore.
Alcuni studiosi hanno identificato nelle fattezze del giovane la fisionomia di Tommaso de’ Cavalieri, giovane nobile romano conosciuto da Michelangelo a Roma nel 1532, del quale l’artista si sarebbe invaghito e al quale avrebbe dedicato numerose rime amorose. Il vecchio invece, succube del genio, alluderebbe allo stesso Michelangelo, vinto dalle armi della bellezza di Tommaso.
Caratteristiche dell’artista:
L’opera è tipicamente michelangiolesca, come notabile per il forte plasticismo mutuato sia dagli insegnamenti del Ghirlandaio, suo maestro, sia dagli studi classici dell’artista basati soprattutto sull’Apollo del Belvedere, sul Torso del Belvedere e sul Laocoonte.
Tipica dell’artista è la capacità di definire l’anatomia delle figure rappresentate, conferendogli una forte monumentalità. Coerente all’ideale artistico del Michelangelo risulta essere inoltre il desiderio da parte dell’artista di assumere le vesti di giudice e di giudicare, attraverso il modo in cui li raffigura, i suoi personaggi.
Questa peculiarità michelangiolesca era già risultata evidente nel ciclo pittorico degli affreschi della Cappella Sistina (1508-1512) per esempio nell’Ebbrezza di Noè, dove il figlio Kam, che deride il padre, viene raffigurato con un corpo più molliccio rispetto agli altri due fratelli, come manifestazione di una punizione divina.
Lo stesso espediente viene usato dall’artista nella raffigurazione della Tentazione e Cacciata di Adamo ed Eva dove i corpi dei due, dapprima vigorosi e forti, dopo la commissione del peccato appaiono flaccidi e stanchi.
Allo stesso modo nel ‘Genio della Vittoria’, il corpo del giovane vincitore risulta essere forte vigoroso, muscoloso e anatomicamente perfetto, a differenza di quello del vecchio che, inferiormente, appare flaccido e stanco.
In questo caso, come negli altri precedentemente citati, l’artista sembra capace di mostrare in maniera concreta qualcosa di astratto, la punizione divina, elevandosi a ruolo di Giudice.
La stessa scelta di autoritrarsi in un personaggio che subisce un’amara sorte di sofferenza è una peculiarità tipica dell’artista anche in questo caso già vista nel ciclo pittorico della Sistina (nella volta per esempio nel pennacchio di Giuditta e Oloferne dove Michelangelo si ritrae nel capo mozzo di Oloferne (figura 1) ma anche nell’affresco del Giudizio Universale dove si ritrae nelle pelli cinte in mano da San Bartolomeo, come a esplicitare il suo sentirsi di vittima degli eventi (figura 2))
- Figura 1: Dettaglio Giuditta e Oloferne
- Figura 2: Dettaglio Giudizio Universale
Altro carattere tipicamente michelangiolesco risulta essere la scelta di non raffigurare i due protagonisti nel frangente della lotta, bensì nel momento in cui il destino dei due è già evidente al lettore, nel momento immediatamente successivo all’azione così da non manifestare un eccessivo pathos a livello rappresentativo, bensì elogiando il controllo della ragione sui sentimenti, la presentazione del frangente immediatamente successivo all’azione è sicuramente determinato dall’attentissimo studio che Michelangelo dedicò a una delle opere classiche precedentemente citate, l’Apollo del Belvedere, (figura 3) che viene considerato modello di perfezione per tutto il 1500, ma che verrà apprezzata soprattutto da Winckelmann sulla base del principio secondo il quale le emozioni devono essere controllate. Riprendendo questa scultura classica Michelangelo, nella sua arte, anticipa i caratteri neoclassici.
Altro elemento tipico dell’artista appare essere la scelta di raffigurare con due stili differenti i due personaggi della raffigurazione: il giovane vincente è perfettamente levigato, sembra quasi essere translucido, viene definito in ogni dettaglio al contrario del vecchio che, inferiormente, viene realizzato con la tecnica dell’incompiuto.
Questa scelta dell’artista è un avvio allo sviluppo della tecnica dell’incompiuto che, progressivamente, verrà utilizzata in maniera sempre più totalizzante dall’artista al fine di elevare a un piano superiore le sue raffigurazioni artistiche, sradicandole dalla materialità e dalla concretezza, ma astraendole a un livello superiore.
La scultura appartiene alla corrente artistica del pieno rinascimento italiano, come visibile dall’attentissima definizione del particolare e dell’anatomia dei corpi.
La posa risulta essere estremamente plastica, infatti il Genio è raffigurato in posizione di contrapposto così da conferire non solo plasticismo ma anche volumetria all’intero gruppo scultoreo.
Caratteristiche del periodo
Tipica del periodo appare essere anche l’attenzione dedicata ai particolari, come i capelli cesellati, il panneggio del mantello e i particolari fisici dell’uomo. Il mantello che gli ricade sul fianco ricorda moltissimo la tradizione statuaria classica.
Studio compositivo:
Rispetto allo studio compositivo è possibile notare come la figura del vecchio inferiormente assumi quasi la funzione di un piedistallo. Inoltre Michelangelo da vita a un gioco di sguardi, il Genio presenta uno sguardo inclinato a sinistra, mentre il vinto guarda verso lo spettatore, aumentando sensibilmente il patetismo, coinvolgendo il fruitore nello strazio nutrito dal vinto che corrisponde alla sofferenza dell’autore nel quale l’artista stesso si identifica.
CONFRONTO: IL GENIO DELLA VITTORIA E LA PIETA’ BANDINI
- Genio della Vittoria, Michelangelo
- Pietà Bandini, Michelangelo
AFFINITA‘: Entrambe le opere vengono realizzate da Michelangelo Buonarroti, artista protagonista del pieno rinascimento italiano.
Per entrambe le sculture viene utilizzato il marmo bianco, materiale prediletto dall’artista e si configurano come due importanti rappresentazioni scultoree della corrente artistica del pieno rinascimento italiano.
Un elemento in comune alle due rappresentazioni scultoree risulta essere l’incompiuto, metodologia scultura coniata e sviluppata dall’artista nel corso della sua intera vita.
Nel caso del genio della vittoria l’incompiuto viene utilizzato in particolare nella porzione inferiore del gruppo scultoreo, per la raffigurazione del vinto, contrastando con forza con la definizione e la nitidezza scultorea del vincitore.
Nella pietà Bandini invece l’incompiuto si identifica marcatamente nel piedistallo su cui poggiano i personaggi e sulla veste della Vergine.
Se ne distingue inoltre un accenno anche in corrispondenza dei volti della Vergine, seminascosto dal corpo di Cristo, di Nicodemo e della Maddalena.
Tipicamente michelangiolesco e comune a entrambe le rappresentazioni scultoree appare essere il plasticismo che anima i corpi rappresentati, evidente soprattutto nella figura del vinto nel Genio della Vittoria e, per quanto riguarda la pietà Bandini, nel corpo di Cristo.
Un’altra peculiarità si identifica nella scelta, da parte dell’artista, di autoritrarsi in un personaggio che, nell’opera, è destinato a una sorte di sofferenza: è il caso dello sconfitto nel ‘Genio della Vittoria’ e di Nicodemo nella ‘Pietà Bandini’.
DIFFERENZE: Numerosissime risultano essere le differenze tra le due opere, innanzitutto il ‘Genio della Vittoria’ è un’opera anteriore alla ‘Pietà Bandini’, essendo stato realizzato nel 1532-1534, a differenza della Pietà, datata 1547-1555.
Un’altra differenza è costituita dall’ubicazione contemporanea: la Pietà si trova oggi nel Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, mentre il Genio della Vittoria è collocato nel Salone dei Cinquecento, presso il Palazzo Vecchio, nella stessa città. Le due opere rappresentano eventi differenti: una la pietà, l’altra la rappresentazione allegorica della vittoria.
Differente nei due gruppi scultorei risulta essere il numero di personaggi presentati: ve ne sono unicamente due nel genio della vittoria, il vincitore e il vinto, mentre se ne hanno quattro (come culmine del processo ascendente di numero di personaggi delle pietà michelangiolesche ) nella Pietà Bandini.
I quattro personaggi raffigurati si propongono di manifestare le diverse esternazioni del dolore, come farò lo stesso Caravaggio, a livello pittorico, nella ‘Deposizione’.
A sinistra viene raffigurata la figura della Maddalena che, insieme alla Vergine sulla destra, sorregge il corpo di Cristo. Posteriormente alle due figure femminili e al corpo di Cristo giganteggia Nicodemo che sembra reggere tutti i personaggi.
Se la scultura del Genio della Vittoria è, nella sua totalità, frutto della maestria di Michelangelo, non si può dire lo stesso per la Pietà Bandini, secondo alcuni critici infatti la figura della Maddalena, atipica dell’arte del Michelangelo, venne realizzata più piccola e sproporzionata da un assistente, a seguito di uno scatto d’ira dell’artista a causa del quale il personaggio venne rotto.
Tipico dell’artista appare essere il plasticismo che viene conferito alle due opere anche se vi sono sostanziali differenze tra le due raffigurazioni. Nel caso del Genio della Vittoria il plasticismo è realizzato in maniera classica, mentre nella Pietà è un plasticismo esasperato applicato su un corpo straziato.
Se il vincitore nel ‘Genio della Vittoria’ appare anatomicamente perfetto, non si può dire lo stesso del protagonista della Pietà il quale sembra quasi subire una deformazione dettata dal contrapporsi di contrapposti. Questa scelta deriva dalla maturazione progressiva dell’artista che, oltre a un aumento del numero dei personaggi introduce una verticalizzazione del corpo di Cristo.
In questa penultima, grandiosa pietà del ciclo delle pietà michelangiolesche la figura del Cristo è in piedi, sta cadendo e a sorreggerlo sono gli altri personaggi. Ha luogo una deformazione del corpo, il braccio si storce, la gamba sembra spezzarsi e, attraverso questa deformazione, l’artista conferisce un intensissimo pathos alla composizione, molto di più di quello che viene percepito dal Genio della Vittoria (al quale contribuisce solo l’espressione straziata del vinto).
A livello compositivo la Pietà nasconde uno studio più attento, dettato anche dal maggior numero di personaggi presenti nel gruppo scultoreo e dalla maturazione compiuta dall’artista a livello rappresentativo nella decina di anni che distanziano le due opere.
Infatti vi sono diversi contrapposti: per esempio la testa di Nicodemo è orientata a destra, mentre le spalle sono orientate a sinistra, anche la posizione dell’avambraccio e del polso di Cristo sono in contrapposto. Il genio della vittoria risulta essere invece più lineare a livello compositivo.
BIBLIOGRAFIA/SITOGRAFIA:
- Umberto Baldini, Michelangelo scultore, Rizzoli, Milano 1973.
- Marta Alvarez Gonzáles, Michelangelo, Mondadori Arte, Milano 2007