Dati tecnici:
La cena di Emmaus è una delle più celebri realizzazioni di Jacopo Pontormo, firmata e datata 1525.
Oggi conservato presso la Galleria degli Uffizi di Firenze, il dipinto, realizzato con la tecnica dell’olio su tela, rientra nella corrente artistica del manierismo italiano.
Originariamente l’opera era destinata al Monastero della Certosa del Galluzzo dove l’artista si rifugiò già nel 1523, per sfuggire all’epidemia di peste.
Secondo le testimonianze del Vasari la pace e il silenzio del monastero piacquero molto all’artista che, una volta tornato a Firenze, mantenne i contatti con i frati realizzando due anni dopo, su commissione di uno di questi, Leonardo Buonafede, la tela della Cena di Emmaus, molto elogiata dallo stesso Vasari.
Descrizione dell’opera:
L’opera, di sviluppo verticale, ritrae un episodio tratto dal Vangelo di Luca, quando Cristo risorto appare a due suoi discepoli che inizialmente non lo riconoscono e lo invitano a cenare con loro.
A tavola però, nel gesto di benedire, spezzare il pane e distribuirlo, essi lo riconoscono: «gli occhi dei due discepoli si aprirono e riconobbero Gesù, ma lui sparì dalla loro vista».
Il Pontormo sceglie di raffigurare il momento della Rivelazione immediatamente precedente al riconoscimento del Cristo da parte degli apostoli. La scena si sviluppa su di uno sfondo a tinta piatta nero, i due apostoli vengono ritratti in primo piano, essi danno le spalle allo spettatore.
E appaiono seduti intorno a una tavola, coperta di una bianca tovaglia di lino e imbandita di numerose pietanze. L’apostolo di sinistra, Luca, è ritratto di profilo nell’atto di versare l’acqua dalla brocca al bicchiere mentre Cleofa, sulla destra, sospende l’atto di tagliare la pagnotta con il coltello, rivolgendosi a Gesù.
La figura di Cristo giganteggia centralmente nell’opera, dinanzi ai due apostoli. Egli rivolge il suo sguardo allo spettatore, con la mano destra è in atto benedicente, mentre con la sinistra cinge il pane.
L’ampio panneggio che, attraverso un dosato chiaroscuro, l’artista crea in corrispondenza dell’avambraccio della mano benedicente è finalizzato a sottolinearne il gesto, catturando l’attenzione del fruitore.
Ai lati della figura di Cristo, l’artista raffigura cinque frati, tre sulla sinistra e due sulla destra, che assistono alla scena.
Questi non sono altro che i veri e sorprendenti ritratti dei frati che l’artista incrociava ogni giorno nel monastero durante la sua permanenza lì.
A sinistra in primo piano cinto da un lungo saio di colorazione ocra è il committente, Leonardo Buonafede, con la mano sinistra alzata in atto benedicente che emula il gesto compiuto dalla figura di Cristo, sottolineandone ulteriormente l’importanza.
Gli altri due rappresentati sulla sinistra sono semicoperti dal protagonismo del committente e se ne intravedono solo i volti, preoccupati, timorosi.
Sulla porzione di destra un altro frate osserva intensamente lo spettatore con un espressione di profonda inquietudine, affianco a questo si protende un altro frate, che regge un bicchiere e del quale è possibile visualizzare solo il volto.
Sopra il capo di Gesù, con una fortissima componente di carattere simbolico, si configura il cerchio luminoso con il triangolo e l’occhio, allusione alla Trinità e un riferimento alla natura divina di Gesù risorto.
Questo dettaglio appare entro una toppa e, probabilmente, venne ridipinto dall’Empoli per celare il volto trifronte vietato dalla Controriforma.

Figura 1: dettaglio
L’opera è una delle pochissime autografe dell’artista: infatti si firma entro il cartiglio bianco raffigurato sul pavimento ligneo (figura 1) .
Caratteristiche dell’artista:
La mano del Pontormo si riconosce per l’utilizzo di colori molto accesi e brillanti, per l’importanza che conferisce alle vesti: si notino i panneggi che determinano luci e ombre che l‘artista presenta con assoluta fedeltà facendo sì che sembrino quasi colori cangianti.
Un’altra caratteristica propria dell’artista, risulta essere la capacità di trasmettere, a livello pittorico, l’inquietudine e l’angoscia da egli intimamente provate.
Questo carattere si può identificare a pieno attraverso l’osservazione delle espressioni dei frati che affiancano lateralmente la figura di Cristo: questi appaiono molto seri dubbiosi, inquieti.
La stessa scelta di raffigurarne un numero consistente in uno spazio ridotto, rendendo così necessario nasconderne delle porzioni è caratteristico dell’artista che tende sempre a raffigurare scene molto affollate.
Lo spavento e l’inquietudine sono introdotti, in maniera assolutamente innovativa, anche attraverso gli animali che, nella scena sembrano ritrarsi come spaventati: si riconoscono due gatti e un cane.
Il gatto nella porzione inferiore di destra (figura 1) guarda intimorito lo spettatore, rimanendo nella penombra come avendo paura di avanzare. Un atteggiamento analogo presentato il cane e il gatto sulla sinistra.
Caratteristiche dell’artista:
Il Pontormo, nonostante sia un artista manierista riesce, attraverso quest’opera, a conciliare e concretizzare sia l’appena tramontata tradizione rinascimentale, attraverso l’attento utilizzo della prospettiva, l‘eleganza delle forme, la raffinatezza dei colori cangianti (che sembrano emulare quelli dei ritratti pontifici del Raffaello) sia ad anticipare alcuni caratteri che saranno protagonisti dell’intera arte barocca, specialmente caravaggesca: i personaggi popolari, la stessa scelta di raffigurare i piedi nudi dei due apostoli in primo piano, l’ambiente assolutamente realistico con una cura del dettaglio che sembra rifarsi alla tradizione fiamminga.
Addirittura secondo alcuni storici, la progettazione degli sgabelli lignei sarebbe un’anticipazione della natura morta barocca.
Caratteristiche del periodo:
La corrente artistica del manierismo, alla quale appartiene questa rappresentazione, non presenta effettivamente delle caratteristiche specifiche identificabili in ogni opera, poiché vige, in questo periodo artistico, quella che i critici chiamarono ‘licenza della regola’ secondo la quale gli artisti non dovevano necessariamente rispettare dei canoni, ma avevano la possibilità di sviluppare, in maniera soggettiva, la propria arte, a patto che il fine fosse il raggiungimento della perfezione formale e stilistica.
Non si ha più un linguaggio comune, bensì germinano tanti linguaggi impregnati dei caratteri dei caposaldi del rinascimento.
La radice comune a tutte le opere però è un senso di inquietudine e irrequietezza che nasce e si sviluppa parallelamente alla riforma protestante e cattolica, a causa delle quali vi sono delle incertezze che, inevitabilmente, vengono riflesse dagli artisti a livello pittorico.
In questo caso sintomo di queste incertezze e di quest’angoscia è per esempio la scelta di utilizzare per la raffigurazione della tavola imbandita un orizzonte particolarmente alto, così che sembri incombere vertiginosamente sullo spettatore, a ciò si aggiungono gli sguardi irrequieti dei frati e gli atteggiamenti timorosi degli animali.
Un altro carattere manierista si riscontra nell’utilizzo della luce la quale inizia a prendere le distanze dalla luce rinascimentale estremamente razionale, iniziando a sviluppare dei caratteri divini si affermeranno poi nell’arte Barocca.
A illuminare il tavolo sembra essere una luce mistica, mentre una luce divina parte dall’occhio di Dio Padre, in alto sopra a Cristo e illumina i monaci in basso. La fronte di Cristo è particolarmente chiara, così come la porzione dell’aureola in alto, facendo sì che l’occhio dell’osservatore si concentri su di essi.
Sono posti gli apostoli in primo piano e i frati ai lati della figura di Cristo.
Studio compositivo:
Le linee compositive inoltre formano una X che ha il punto di intersezione in corrispondenza del pane tenuto da Cristo nella mano sinistra (figura 2). Inoltre si formano due curve semicircolari.
Quella superiore segue l’andamento delle teste dei frati e di Cristo mentre, inferiormente la seconda curva si sviluppa seguendo l’andamento delle vesti e delle gambe dei due apostoli. Sono inoltre riconoscibili due triangolazioni, la prima data in maniera evidente dal triangolo della trinità superiormente alla testa di cristo, la seconda viene formata dalla testa di Cristo con quella dei due apostoli. (figura 2)
Inoltre si può notare come le linee compositive siano ancorate al centro verticale.
L’opera segue una simmetria definita da un asse centrale, che viene sottolineato da alcuni elementi della rappresentazione, parte dalla caviglia, in basso al centro, dell’uomo di destra, quindi sale sino all’occhio di Dio Padre (sottolineato dall’andamento del braccio di Cristo e dalla posizione del pane al centro della tavola)
CONFRONTO: CENA DI EMMAUS DI PONTORMO CON LA CENA DI EMMAUS DI CARAVAGGIO
AFFINITA’
Entrambe le opere, realizzate con la tecnica dell’olio su tela, vedono la rappresentazione di una delle cene sacre posteriori alla Resurrezione: si tratta della cena di Emmaus durante la quale il Cristo propone un gesto grazie al quale viene riconosciuto dai suoi discepoli.
Relativamente alle due tele entrambe vedono la presenza di colori piuttosto caldi e, in particolare, di uno sfondo prettamente scuro sul quale si staglia una luce di matrice divina.
In entrambe le raffigurazioni il punto di vista prospettico è tale per cui sia visibile allo spettatore il piano della tavola su cui poggiano le pietanze, sebbene il Pontormo preferisca utilizzarne uno molto alto così che la tavola sembri incombere sullo spettatore.
Altro elemento in comune nelle due raffigurazioni sono i personaggi rappresentati, infatti essendo analogo l’episodio è possibile riconoscere la figura di Cristo e, rivolti ad esso, i due apostoli che, per primi, lo riconosceranno.
In entrambe le opere l’attenzione ricade sulla figura di Cristo ma, per ottenere questo fine, vengono utilizzati espedienti differenti: più classica appare essere la scelta del Pontormo che colloca in posizione centrale la figura di Cristo in corrispondenza dell’asse verticale del dipinto, il Caravaggio invece non colloca centralmente la figura protagonista di Cristo, il quale rimane infatti spostato verso la porzione di sinistra della tela, ma fa sì che il fruitore dell’opera ne comprenda l’importanza mediante l’attenzione che ciascuno dei personaggi gli rivolge: tutti gli sguardi infatti sono rivolti verso il gesto da Egli compiuto con la mano destra.
Rispetto allo studio compositivo entrambi gli artisti introducono una triangolazione formata dall’unione delle teste degli apostoli con quella di Cristo
DIFFERENZE
A realizzare le due cene di Emmaus sono due artisti diversi: il Caravaggio e il Pontormo. La cena di Emmaus del Caravaggio viene realizzata dall’artista nel 1600 e si configura come un’espressione artistica del periodo Barocco, mentre il Pontormo realizza l’opera nel 1525 ed essa rientra invece nel manierismo italiano. Oggi le due opere d’arte sono conservate in luoghi diversi: la cena di Emmaus del Caravaggio si trova a Milano, presso la Pinacoteca di Brera, mentre quella del Pontormo è conservata a Firenze, nella Galleria degli Uffizi.
L’opera del Caravaggio presenta, a differenza di quella del Pontormo, uno sviluppo orizzontale. Nell’opera caravaggesca l’ambiente appare caratterizzato da toni caldi, molto scuri, non vi è la presenza di molti colori, ma al contrario l’opera sembra quasi realizzata a monocromo dal Caravaggio, come caratteristico del suo stile.
I colori caldi che permeano la scena sono sicuramente eredi degli insegnamenti di Simone Peterzano, maestro del Caravaggio e a sua volta allievo di Tiziano, celebre pittore veneto del pieno rinascimento italiano. Dal punto di vista coloristico questi elementi appaiono molto differenti da quelli del Pontormo che, al contrario, propone colori brillanti e luminosi per le sue realizzazioni artistiche.
La stessa linea del Pontormo appare molto più marcata nitida e definita come classico della tradizione pittorica fiorentina. Molto più affollata appare essere la tela del Pontormo, nella quale compaiono, oltre ai due apostoli che contraddistinguono l’episodio, alcuni frati: si tratta di modelli dal vero che si rifanno ai frati con cui l’artista venne a contatto durante il suo soggiorno al Monastero della Certosa del Galluzzo.
In particolare il Pontormo raffigura a livello pittorico lo stesso committente, Leonardo Buonafede, che nella porzione sinistra della rappresentazione sembra emulare il gesto di Cristo.
I frati, in tutto cinque, vengono raffigurati ai fianchi della centrale figura di Cristo. Questi introducono nella scena un intensissimo gioco di sguardi che rende perfettamente un senso di inquietudine e dinamismo.
Se nell’opera di Pontormo i frati rivolgono sguardi in direzioni diverse introducendo un dinamico gioco di sguardi non si può dire lo stesso dell’opera di Caravaggio dove ogni personaggio rivolge attentamente lo sguardo in direzione di Cristo.
Inoltre dall’osservazione degli atteggiamenti degli apostoli nelle due opere sembrerebbe che, nel caso del Caravaggio, venga raffigurato proprio il frammento temporale del riconoscimento: ed ecco che tutti gli sguardi vengono rivolti alla mano di Cristo e, inevitabilmente, ne seguono visibili reazioni da parte degli apostoli, il più teatrale è l’apostolo che, sulla destra, afferra con ambo le mani la tavola come cercando un appiglio concreto, incredulo che ciò che sta vedendo con i suoi occhi sia reale.
Anche l’altro apostolo sulla sinistra manifesta la sua incredulità, egli infatti, raffigurato di spalle al fruitore, apre ambo le braccia dinanzi a sé. Molto diverso è invece l’atteggiamento in cui vengono ritratti gli apostoli nell’opera di Pontormo, in questo caso infatti essi sembrano presentare atteggiamenti assolutamente rilassati, di quotidianità, mentre uno è intento a versare l’acqua dalla brocca l’altro taglia una pagnotta di pane.
Nell’opera di Pontormo compaiono anche degli animali, nella porzione inferiore della tela, si tratta di due gatti e un cane che manifestano quella sfumatura di inquietudine e angoscia sempre presente nelle opere del Pontormo, determinata dal periodo in cui visse l’artista che vide l’affermarsi di numerose incertezze religiose dettate dall’affermarsi parallelamente della riforma cattolica e di quella protestante.
Nel caso dell’opera di Caravaggio, oltre ai due apostoli vengono presentati nella scena sulla porzione di destra altri due personaggi stanti, si tratta di un oste ( il che fa suppore che la scena sia ambientata, come caratteristico dell’artista, in un’osteria) e di una donna anziana, probabilmente una sua aiutante.
Nell’opera di Caravaggio si ritrovano quei caratteri tipici dell’arte barocca, sicuramente la forte teatralità che si identifica soprattutto dalle posizioni in cui vengono ritratti i due apostoli, l’incredibile realismo, dettato anche dalla scelta dell’artista di proporre personaggi con fattezze del popolo definiti in ogni minimo dettaglio e in particolare la luce barocca. Questa infatti domina nella raffigurazione assumendo un fortissimo protagonismo, come tipico dello stile dell’artista stesso.
La luce infatti non solo conferisce spazialità alla scena, ma permette anche al fruitore di comprendere su che punti della raffigurazione deve focalizzarsi, in questo caso è possibile notare come sottolinei la gestualità della figura di Cristo e le espressioni dei personaggi.
L’opera di Pontormo rientra ancora nella corrente manierista tuttavia sembra anticipare già alcuni caratteri barocchi, uno di questi è senz’altro la luce divina che, proveniente dall’alto, sembra raffigurare la Grazia. Inoltre la stessa scelta di raffigurare i piedi nudi degli apostoli risulta innovativa e verrà riproposta con forza dal Caravaggio stesso nel corso della sua produzione pittorica.
A differenza di quella del Caravaggio, l’opera del Pontormo, è autografa, infatti l’artista si firma nel cartiglio raffigurato sul pavimento. Inoltre lo studi compositivo è molto diverso.
Il Pontormo, ancora condizionato dalla tradizione pittorica rinascimentale va a introdurre un asse centrale che coincide con la figura di Cristo, al quale fa così acquisire molta importanza. Inoltre il centro della composizione va a coincidere con l’intersezione delle due diagonali principali del dipinto.
Il Caravaggio non introduce più questa forte simmetria e, al contrario scegli di presentare la figura di Cristo decentrata, sulla porzione di sinistra, tuttavia attraverso gli sguardi degli altri personaggi riesce a conferirgli importanza: tutti gli sguardi infatti vengono rivolti, nell’opera di Caravaggio alla figura di Cristo.
BIBLIOGRAFIA/SITOGRAFIA:
- www.analisidellopera.it/pontormo-la-cena-di-emmaus/
- Elisabetta Marchetti Letta, Pontormo, Rosso Fiorentino, Scala, Firenze 1994. ISBN 88-8117-028-0
- AA.VV., Galleria degli Uffizi, collana I Grandi Musei del Mondo, Roma 2003.
- Gloria Fossi, Uffizi, Giunti, Firenze 2004, pag. 112.