Dal 25 settembre al 19 gennaio Palazzo Reale ha ospitato, nel cuore di Milano, alcuni tra i più significativi capolavori di Giorgio de Chirico, massimo esponente della pittura metafisica.
La mostra, curata da Luca Massimo Barbero in collaborazione con la fondazione Giorgio ed Isa De Chirico, offre un’esperienza conoscitiva alla scoperta di uno dei più celebri artisti del 1900 mettendo in mostra non solo il suo stile più conosciuto, ma la sua arte in tutte le sue evoluzioni.
Il primo dipinto ad accogliere il visitatore è ‘ il Centauro Morente’ (figura 1) realizzato nel 1909, probabilmente con un’allusione alla morte del padre rappresentato simbolicamente dalla figura del centauro, è dunque immediato il coinvolgimento emotivo in uno degli eventi che più segnarono la vita di questo artista. Conosciuto tale episodio e la sensibilità del suo autore, la mostra offre uno squarcio dei dipinti giovanili dell’artista, profondamente influenzati dalla Grecia, sua terra materna e terra senza tempo, sulla quale affonda le radici lo stile del pittore legato alla storia e alla mitologia (da qui la centralità della figura del centauro). In questa fase i colori ancora freddi sono figli dei paesaggi naturalistici con i quali l’autore viene a contatto e trasmettono una sensazione di quiete e serenità (ne è un esempio “La partenza degli argonauti”).
Sempre nella prima sala della mostra sono proposti alcuni ritratti realizzati da De Chirico indicativi per comprendere la natura del personaggio: fra questi, datato 1911, spicca un autoritratto che raffigura l’artista in una posa che propone un evidente rimando a quella di un filosofo al quale De Chirico si mostrerà sempre molto legato ovvero Friedrich Nietzsche. Emblematica risulta essere la citazione che incornicia tale dipinto: «Et quid amabo nisi quod aenigma est?», non solo perché esprime l’amore che l’artista nutriva per la cultura classic

Figura 2: ‘L’enigma di una giornata’, 1914, olio su tela, Museo di arte contemporanea di San Paolo, Brasile.
a, ma anche per l’esplicitazione del tema chiave della pittura di questo artista: l’enigma.
Attraverso la seconda sala, si giunge alla prima vera e propria espressione della pittura metafisica tramite la serie delle Piazze d’Italia, dipinte nel 1910 (figura 2). La denominazione di questa serie come “Piazze d’Italia” allude al fatto che a ispirare il pittore
siano state proprio alcune piazze italiane, le quali tuttavia non vengono riproposte in termini realistici, ma secondo il personalissimo gusto del pittore che desidera ‘andare oltre’ la natura fisica degli oggetti per scoprirne la vera essenza.
E’ proprio in questa sala che si iniziano immediatamente a riconoscere alcuni caratteri tipici della pittura dell’artista come l’ambiguità dell’ora in cui si ritrae la veduta della città (il sole sta tramontando oppure sorgendo?) o il protagonismo delle ombre che incombono in primo piano oppure ancora la raffigurazione d

Figura 3: ‘Saluto dell’amico lontano’, 1916, olio su tela, Verona, collezione Carlon, Palazzo Maffei
ei porticati che sembrerebbero essere stati introdotti come espediente prospettico all’interno del dipinto, ma che in realtà si propongono di collaborare all’idea di ‘enigma e di mistero’ che l’autore vuole trasmettere poiché è impossibile al fruitore identificare cosa vi sia all’interno. Costante della produzione di questo periodo è inoltre l’introduzione del muro sullo sfondo che, bloccando violentemente la dimensione di profondità e la possibilità di visualizzare il paesaggio retrostante, alimenta un senso di mistero mitigato solamente dalla presenza del treno, unico elemento riconoscibile e possibile allusione al padre che lavorava come ingegnere ferroviario. Alla serie delle città italiane segue la presentazione di alcune opere che ospitano i protagonisti indiscussi della pittura metafisica di De Chirico: i manichini.
La stanza che segue ospita alcuni dipinti che il pittore realizza nel periodo della Prima Guerra Mondiale: lo stile cambia profondamente, tutto si contrae, gli spazi si riducono. Il curatore della mostra ha sottolineato il cambiamento dello stile dell’artista scegliendo di collocare queste tele in una stanza molto piccola che contribuisce a rendere l’idea di oppressione. Da una metafisica degli spazi lo stile del pittore si esprime in una nuova metafisica, quella degli oggetti che manifestano il senso di terribile solitudine condiviso dall’artista: esempio del senso di oppressione e di chiusura nutriti dall’artista sono i quadri ‘Biscotti Metafisici’, e ‘ Saluto dell’Amico lontano ’ (figura 3).
Un’ulteriore evoluzione pittorica si registrerà durante il periodo ferrarese, dopo la Prima Guerra Mondiale: nel tentativo di un ritorno all’ordine tipico del dopoguerra, De Chirico sceglie di rifarsi alla maestranza antica e ad attestare questo cambiamento artistico è “La partenza del cavaliere errante”, il cavaliere errante del dipinto è lo stesso artista che continua a sperimentare, a cambiare veste, ricercando la forma d’arte che più lo rappresenti, lasciando sempre (più o meno riconoscibile) uno sguardo metafisico. Ad attestare questi cambiamenti sono “L’autoritratto”, “L’ottobrata” e “Canal Grande a Venezia” (figura 4) dove il linguaggio artistico del pittore si esplica in forme nuove, con dei rimandi allo stile classico o ancora con la sperimentazione di stili a lui contemporanei (nella ‘Ottobrata’ sperimenta per esempio lo stile divisionista).
Tornato a Parigi i surrealisti non gli davano pace, non potendo accettare la modificazione di uno stile al quale si erano ispirati e che aveva reso possibile la nascita dell’avanguardia surrealista.
De Chirico tuttavia, non aveva dimenticato il manichino, uno dei soggetti più cari alla sua pittura che, seppur con meno frequenza, aveva accompagnato i cambiamenti pittorici dell’artista nel periodo ferrarese e parigino e che tornerà con forza nelle rappresentazioni degli anni ’20, come attestato dai dipinti esposti nella quinta sala (figura 5).
La sesta sala ospita un ulteriore ritorno all’antico: l’attenzione viene rivolta alla figura umana ora presentata in forme sinuose ed eleganti, espresse a pieno nell’opera “Bagnanti con drappo rosso” rappresentante la seconda moglie dell’artista della quale vuole eternizzare la bellezza (si notino le somiglianze con l’arte rinascimentali per esempio con la ‘Venere di Urbino’ di Tiziano).
Nella settima sala si fa spazio il nuovo tema dei gladiatori che portò De Chirico ad essere più volte accusato, anche di fascismo. In realtà quello di De Chirico è un linguaggio fortemente caricaturale: l’artista infatti svuota questi personaggi dei valori condivisi da tutti (eroismo e virilità) e li ridicolizza, raffigurandoli in corpi molli e disarticolati e con l’introduzione di enigmi con i quali sembra prendersi beffa dei protagonisti collocandoli in spazi angusti, opprimenti ( per esempio ritrae una corsa di cavalli…ma dentro una stanza!). Nella stessa sala viene proposta la serie dei “bagni misteriosi” che, nata come una serie di illustrazioni per una raccolta di poesie, verrà successivamente tradotta dall’artista in chiave pittorica. L’ottava sala, che conclude la mostra, propone l’ultimo grandioso ritorno dell’artista allo stile metafisico (‘neometafisica’), attestato da una tela che si carica di forte valore simbolico: ‘Ritorno al castello’. Essa ritrae un cavaliere che ricorda molto il cavaliere errante dei primi anni ’20, ma in questo caso egli è rappresentato stanco e affaticato, al termine della sua attività artistica che torna al suo castello di natura fiabistica (figura 6). Nell’ultimo periodo della sua produzione De Chirico riprodurrà soggetti e temi della sua prima metafisica, fra queste le celebri ‘Muse Inquietanti’ che affascinarono Andy Warhol ”ciò che lui replicava regolarmente, anno dopo anno, io lo ripetevo lo stesso giorno nello stesso dipinto” (A.W)

Figura 6: ‘Ritorno al castello’, 1969, olio su tela. Galleria nazionale di arte moderna e contemporanea, Roma
Il curatore della mostra termina così un’esposizione che riconosce la grandezza e la vastità della produzione dell’artista, sottolineandone la sua internazionalità e dando la possibilità al visitatore di conoscere i mille stili e i diversi cambiamenti formali che hanno accompagnato la maturazione artistica di un pittore che, seppur ricordato nell’immaginario collettivo come il fondatore dell’arte metafisica, si fece interprete e portavoce di numerosissimi linguaggi artistici.