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L’opera, dalla datazione molto incerta che oscilla tra il 1470 e il 1485, viene realizzata da Piero della Francesca con la tecnica dell’olio su tavola. La denominazione  deriva dalla sua originaria destinazione, la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, di Senigallia. Oggi tuttavia è conservata a Urbino, nella galleria nazionale delle Marche e risulta essere un’espressione artistica dell’arte rinascimentale.

Il dipinto raffigura una maestà, molto innovativa rispetto a quelle cronologicamente anteriori, è raffigurata stante con il bambino, affiancata lateralmente da due angeli. Il taglio del dipinto è molto insolito, infatti permette di visualizzare i personaggi solo fin sotto la vita.  Il personaggio principale è quello della vergine che, con lo sguardo rivolto verso il basso, tiene in braccio il bambino. Questo viene raffigurato in atto benedicente, mentre con la mano sinistra impugna una rosa, allusione simbolica alla purezza della vergine. Già visto nella Sacra Conversazione oggi conservata a Brera, ritroviamo anche in quest’opera, al collo del bambino, un ciondolo di corallo, simbolo di protezione degli infanti e rimando, per il colore rosso sangue, alla Passione. Il bambino ha un’espressione seria, non perfettamente frontale, ma circa posta a tre quarti. È l’angelo di sinistra, di blu vestito, l’unico personaggio che rivolge un attento sguardo allo spettatore, presenta le braccia incrociate sul petto, stessa posizione che assumono le braccia dell’angelo di destra vestito in rosa, raffigurato di profilo mentre osserva i due protagonisti principali. I due angeli presentano una fisionomia quasi analoga a quella degli angeli che l’artista ritrae nella Pala di Brera (figura 1).

Figura 1: dettagli a confronto (in alto angeli della Pala Brera a confronto in basso con quelli della Madonna di Senigallia)

Per quanto riguarda la contestualizzazione dell’opera questa sembra essere ambientata all’interno di una stanza dove sulla destra si può notare la presenza di un armadio a muro, inquadrato da una cornice a candelabro e composto di mensole. Sulla sinistra invece si trova una porta che conduce a un altro ambiente del quale non si vede più di una finestra, irradiata dalla luce solare che illumina la stanza.

Nell’opera viene utilizzata una prospettiva scientifica, la quale determina la presenza di una luce razionale e dunque, di ombre proprie e portate. Tipicamente rinascimentale inoltre è la ricerca di realismo, data sia dall’attenta raffigurazione dei personaggi, con grande cura per la loro espressività, sia da una dettagliata contestualizzazione scenica, in questo caso, in un interno. Significativa è la scomparsa delle aureole in queste rappresentazioni. Derivante da una maturazione artistica anche la scelta di realizzare l’opera con la tecnica dell’olio su tavola.

In quest’opera viene riservata un’attenzione unica per i più piccoli particolari, a partire da quelli dei volti dei protagonisti, per proseguire con il rifinito panneggio delle vesti e addirittura l’introduzione di accessori. Entrambi gli angeli infatti indossano una collana, quello di sinistra ne indossa una con un pendente, mentre su quello di destra Piero raffigura una collana di perle. Come nella Sacra Conversazione conservata a Brera anche i capelli vengono definiti uno ad uno. Tuttavia la più importante caratteristica dell’artista rimane l’attenta raffigurazione della fonte luminosa: il raggio di sole che investe la stanza viene raffigurato mentre illumina tutto il pulviscolo che si trova nell’ambiente e il riflesso della luce investe tutti gli oggetti, a partire da quelli sulla mensola dell’armadio a parete: il cestello con il panno di lino e la scatola d’avorio; ma l’artista non si limita a questo, il riflesso della luce viene raffigurato anche nei gioielli dei due angeli e sulle vesti e i capelli dei quattro protagonisti, incredibile e unica è l’attenzione per la raffigurazione dei particolari attuata da Piero. In quest’opera predominano i colori pastello, l’intera rappresentazione è permeata e resa ancora più intima dalle dolci tonalità di rosa e celeste che colorano le vesti degli angeli.

Rispetto allo studio compositivo possiamo notare come la posizione della vergine crei una triangolazione, sottolineata dalla posizione obliqua assunta dal suo braccio destro.

L’assenza di contatto fisico tra la vergine e gli angeli rende impossibile determinare con certezza la loro posizione nello spazio facendo sì che sembrino molto vicini allo spettatore.

Confronto tra la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca e Sant’Anna Metterza di Masaccio

 

 

AFFINITA’: analogo è il soggetto raffigurato dagli artisti, una Maestà. Entrambe le opere appartengono all’arte Rinascimentale, analoghi sono anche i personaggi che compaiono nell’opera, se non che oltre al bambino, alla Vergine e agli angeli, Masaccio raffigura anche la figura di sant’Anna, che giganteggia alle spalle della vergine.

DIFFERENZE: la Madonna di Senigallia è il prodotto del lavoro di un unico artista, Piero della Francesca, mentre Sant’Anna Metterza è il frutto di una collaborazione tra due celebri artisti, Masaccio e Masolino. Le datazioni delle due opere sono differenti, la Madonna di Senigallia è datata 1470-1485, mentre molto più recente è l’opera di Masaccio, realizzata nel 1424-1425. Anche le tecniche di realizzazione sono differenti, mentre Masaccio realizza una tempera su tavola, Piero inizia a sperimentare la pittura a olio, realizzando la Maestà con la tecnica dell’olio su tavola. Attualmente questi due capolavori artistici sono conservati in posti differenti: l’opera di Masaccio si trova a Firenze, presso la Galleria degli Uffizi, quella di Piero è invece conservata a Urbino, presso la Galleria Nazionale delle Marche. Già con un primo sguardo è possibile notare che le due opere sono sensibilmente diverse per numerosi aspetti, a partire dalla forma della tavola: ancora di forma archiacuta è l’opera di Masaccio, la sagoma archiacuta delle tavole predominava nelle rappresentazioni artistiche dell’arte Gotica. La tavola sulla quale realizza l’opera Piero invece è di forma rettangolare. Molto diversa anche la raffigurazione dello sfondo, nell’opera di Masaccio questo appare ancora dorato, ulteriore elemento che rimanda all’arte Gotica, unico elemento decorativo è un drappo di stoffa dal colore rosso intenso, mentre Piero inscena la raffigurazione della maestà in una stanza chiusa che particolarizza con alcuni elementi di arredo (per esempio l’armadio sulla destra arricchito, sulle mensole che lo compongono, con alcuni oggetti). La contestualizzazione scenica che Piero sceglie per questa sua opera è molto semplice, tuttavia nella sua semplicità viene dettagliata e rifinita in ogni minimo particolare, dando la sensazione allo spettatore di trovarsi all’interno di una stanza vera e propria. Diverso anche il taglio con cui vengono raffigurati i personaggi, se Masaccio li raffigura per intero come si era soliti fare nelle rappresentazioni delle Maestà, Piero fa una scelta innovativa: quella di raffigurare tagliati questi personaggi, ritraendoli solo fino al di sotto dell’anca. Diverso anche il numero dei personaggi raffigurati, solo quattro nell’opera di Piero ( madonna con il bambino affiancati

In tutto otto nella maestà del Masaccio, (madonna con il bambino affiancati da cinque angeli a cui si aggiunge la figura di sant’Anna). La vergine nell’opera di Piero non viene raffigurata sedente in trono come nella raffigurazione di Masaccio, bensì stante, con in braccio il bambino. Molta più attenzione ai particolari viene riservata da Piero che differenzia moltissimo i personaggi facendo si che risultino ben diversi tra di loro. Molto diverso anche il modo in cui viene utilizzato il colore nell’opera di Piero, se Masaccio introduce colori intensi che predominano la linea del disegno, questo non avviene nell’opera di Piero dove il disegno prevale nettamente sul colore. La prospettiva era una scoperta molto recente nel periodo di produzione dell’opera di Masaccio, tanto che quest’artista si concentra sull’applicazione delle regole prospettiche unicamente nella raffigurazione della predella del trono, al contrario di Piero che applica le sue conoscenze nella raffigurazione di tutti gli elementi sullo sfondo. In modo succinto possiamo affermare che gli elementi che differenziano tra di loro questi due capolavori artistici derivano in realtà dal differente periodo di realizzazione delle opere, Masaccio è il primo pittore che realizza opera appartenenti alla corrente artistica rinascimentale e, in quanto iniziatore, presenta una tecnica e uno stile che si sta spingendo verso qualcosa di nuovo seppur ancora condizionato dalla tradizione artistica che lo ha preceduto, Piero della Francesca invece è molto più consapevole, l’arte rinascimentale nell’anno di realizzazione della tavola si era già affermata e aveva avuto notevoli sviluppi, ben visibili nell’opera  di Piero.